Di quello di cui tutti parlano (l’Expo ovviamente)

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Ammettiamolo, non si riesce a passare un giorno (almeno qui a Milano) senza sentire la parola Expo. Che sia un collega, la TV, un vecchietto per strada o perfino Spotify. Tutti ne parlano (e sta anche diventando insostenibile tutto ciò). Ad ogni modo, sabato scorso ho ceduto, ed ho deciso di visitare finalmente la grande esposizione universale.
Sono andato senza particolari idee o preconcetti. Non sono né di quelli che lo osannano come avvenimento del secolo “che cioè se non lo visiti sei proprio out dal mondo”, né tra gli alternativi a tutti i costi che “no, ma scherzi? L’expo? E’ sponsorizzato da McDonald, uccidono il mondo, non ci vedo”.
A conti fatti devo ammettere che si, almeno per me, è stata una gran figata. Una gran figata intanto per alcune installazioni, davvero sorprendenti (ma altre lasciano davvero interdetti e delusi). Ma soprattutto è una figata per ciò che è. Immenso. Davvero, davvero, immenso. E’ tutto grande, smisurato, smodato. Ed è impossibile farsi bastare un giorno per vedere tutto (credo serva almeno una settimana per riuscire a visitare tutti i padiglioni). C’è poi da aggiungere che per i padiglioni più gettonati ed interessanti ci son tempi di attesa che arrivano anche ad un’ora.
Superata l’attesa, il caldo, la camminata infinita (il mio cellulare sostiene che abbia fatto circa 21.000 passi), e i costi (spropositati) di biglietto e cibo, si rimane davvero sorpresi. Direi quindi che una visita all’Expo 2015 vada la pena di esser fatta. Per vedere il padiglione della Corea (pazzesco), saltare sul mega tappeto elastico di quello Brasiliano, o perdersi nella foresta di quello Austriaco. L’effetto sorpresa è assicurato.

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