CARTOLINE DA NEW YORK (PARTE III)

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Con questo post si chiude il racconto del viaggio nella Grande Mela. Nella settimana a New York ho rivisto tante cose affascinanti che mi avevano già colpito la prima volta, come Central Park, il MoMa (caspita, probabilmente uno dei musei più belli ed interessanti che abbia mai visto), il Chrysler Building.
Ho anche avuto l’occasione di vedere tante cose per me inedite. Un po’ perché mi erano sfuggite la prima volta, come la splendida Morgan Library con l’atrio costruito da Renzo Piano, e un po’ perché ancora non esistevano. E’ il caso della High Line, ad esempio, una vecchia ferrovia sopraelevata trasformata in una passeggiata pedonale piena di alberi e piante.
Ciò che però mi è piaciuto di più di questo viaggio è stato fotografare i volti, le persone. I tanti neri di Harlem, o l’uomo asiatico in completo fuori dalla sede IBM. New York è soprattutto questo, una babele di culture e razze, dove l’identità è data dall’insieme di tutte le identità di ogni singolo cittadino. Ripensandoci, anche nella sua identità, New York riesce ad esser eccessiva.
Tanti anni fa avevo semplicemente ammirato questa ricchezza e grandezza, questo eccesso da agni punto di vista. Questa volta, invece, mi ha per certi aspetti lasciato interdetto. La grandezza delle strade, dei grattacieli, delle macchine. Tutto troppo grande e confusionario, tutto troppo. Forse mi sto rendendo conto di apprezzare di più le città a misura e grandezza d’uomo, più che le città costruite dalla grandezza dell’uomo. Certo, New York è splendida, affascinante, unica ed assolutamente da vedere. Ma non son più tanto certo che vorrei viverci, anzi.

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